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L’abbraccio benedicente. Il figlio maggiore

Dopo aver parlato del figlio minore (qui), torniamo sul libro “l’abbraccio benedicente” di Nouwen per confrontarci col secondo figlio, il maggiore, il quale ci può offrire diversi spunti di riflessione davvero interessanti. Qui la pagina commerciale del libro.

abbraccio benedicente

Il figlio maggiore

abbraccio benedicente

Il figlio maggiore, nel quadro di Rembrandt, è in casa, ritto in piedi con sguardo giudicante e ben attento a non entrare nella dinamicità del perdono. In realtà sappiamo che nel Vangelo questo non accade. Infatti, al ritorno dai campi, sente da lontano musiche e rumori e chiede a un servo cosa stia succedendo. Dopo aver capito la situazione, si rifiuta categoricamente di entrare. Sarà il padre a uscire per tentare di convincerlo e, come sappiamo bene, nessuno sa come andrà a finire.

Uno sguardo al dipinto

Analogamente al fratello ribelle, anche con il maggiore possiamo entrare in stretta relazione seppur, ovviamente, con motivi diversi. Mentre per il primo abbiamo orgoglio, ribellione e superbia, nel secondo ci troviamo di fronte a risentimento, invidia e rabbia. Notevolmente espressive, come per il padre, sono le mani: rigide, serrate, intente a non aprirsi in segno di accoglienza. Il contrario di quanto avviene nel Padre il quale, a mani aperte, accoglie il prodigo in un abbraccio di Misericordia.

Osserviamo le posizioni dei tre principali protagonisti: il minore è appoggiato, avvolto dal Padre nel grembo proprio come una “madre” nel suo “abbraccio benedicente”. Il maggiore è distante, fuori dal quadrato illuminato degli altri due. Uno spazio teso, che appesantisce e allontana l’amore sgorgante lì vicino.

Mi è sempre piaciuta un’altra considerazione fisica: se confrontiamo il padre con il figlio maggiore possiamo ben notare come siano praticamente identici: stessi mantelli, barba, faccia… insomma, proprio a simboleggiare che, come scritto nel precedente articolo, siamo destinati a crescere nella nostra vita, a evolverci dalla condizione di figli a quella di “padri”, per poter essere Misericordia noi stessi. In questo caso il maggiore utilizza questa sua somiglianza, autorità, per creare distanza, distacco, superiorità nei confronti del fratello indegno. Anche il gioco di luci supporta questa considerazione: mentre quella del padre “fluisce [dal volto] per tutto il corpo e riverbera sul figlio più giovane, […] la luce del volto del figlio maggiore è fredda e circoscritta. Entrambi hanno la luce, ma solo uno la vive pienamente.

Partecipare o escludersi?

Cerchiamo ora di comprendere più da vicino i sentimenti di questo figlio maggiore. All’inizio abbiamo parlato di rabbia e invidia, ma perché nascono in lui queste sensazioni nonostante“tutto ciò che è mio è tuo”? Una riflessione interessante è certamente questa: il Padre ama di più il prodigo piuttosto che l’ubbidiente fratello? Ovvio, per chi legge da fuori la risposta è semplice, ma immedesimiamoci nel personaggio. Non ha mai trasgredito a un ordine, ha sempre lavorato il dovuto se non di più e questo “traditore”, tornato dopo aver sperperato gli averi, riceve una festa degna da re. Sono elementi che possono facilmente portare alla riflessione iniziale.

Ma questo Padre si comporta allo stesso modo con entrambi i figli. Anzi. Per ognuno di loro attua una sfumatura diversa: per il minore corre fuori casa per abbracciarlo, per il maggiore cammina fuori casa per cercare di coinvolgerlo. Come sottolineeremo meglio nell’ultimo articolo, l’obiettivo del Padre è che tutti facciano parte della sua gioia, senza se e senza ma. In questo il maggiore sbaglia, poiché non comprende minimamente tale situazione. Crea un confronto, un paragone. Per il Padre questo è impensabile.

Chi ama di più il Padre?

Altro bel passaggio legato al precedente paragrafo: “C’è una voce oscura che dice […] Dio preferisce il peccatore pentito […] Non fa attenzione a me che non ho mai lasciato casa. Mi dà per scontato.” Qui entra in gioco un altro limite del maggiore il quale, fermo nel suo orgoglio e paragone, rifiuta tassativamente di accettare un Amore che non si aspetta nulla in cambio. La vera gioia dovrebbe essere nella felicità del Padre, il quale intende condividere questa emozione con tutti coloro che ha intorno, servi compresi. Addirittura, se andiamo a leggere bene il testo del Vangelo, il maggiore afferma “questo tuo figlio”. Prende le distanze, crea un abisso, uno spazio teso oscuro per sottolineare come lui non accetti questa gioia. O meglio. Per sottolineare come questa felicità dia a lui fastidio.

Per tutta risposta il Padre, che ama allo stesso modo i due figli, lo chiama “figlio” con un’accezione particolare, in modo tenero, che tradotto letteralmente dal greco significa “bambino”.

Abbiamo conosciuto il figlio maggiore

“L’abbraccio benedicente” di Nouwen ci ha aiutato a riflettere in modo profondo sulla figura del fratello maggiore, un personaggio che, al contrario del minore, cresce dentro di sé la ribellione e l’ostilità ma che, analogamente al ribelle, può trovare una redenzione, un “abbraccio benedicente” senza se e senza ma, non legato a un tornaconto, non basato su qualcosa di materiale. La scelta di entrare o no in casa non dipende da nessuno se non da lui, dalla sua caparbietà di creare paragoni che, nel cuore del Padre, non sono esisteranno mai.

Vi ringrazio per la pazienza, vi auguro una buona lettura e al prossimo articolo!

Qui potrete trovare l’articolo sul Padre.

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Qui potrete trovare l’articolo sul figlio minore.

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