L’abbraccio benedicente. Il Padre
Eccoci all’ultimo appuntamento con la nostra piccola serie di riflessioni su “l’abbraccio benedicente” di Nouwen. Oggi ci occuperemo della figura del Padre, di colui che ama senza aspettarsi tornaconti, ma anche di colui che non riesce a trattenere la gioia e cerca in tutti i modi di coinvolgere chiunque abbia vicino, compresi coloro che non intendono chiaramente parteciparvi. Qui la pagina commerciale del libro.
In questi due link potrete trovare gli articoli sul figlio minore (Qui) e maggiore (Qui).
Il Padre
Come è facilmente intuibile, il Padre è la figura principale sia del quadro che della parabola. Gesù lo descrive come una persona che, nonostante le offese ricevute, non pensa a punire il figlio ribelle né intende escludere dalla festa il maggiore a causa del suo orgoglio.
Il Padre potrebbe, con la sua autorità, trattenere a casa il minore poiché, come scritto nel primo articolo, quel figlio, con la richiesta della sua parte di eredità, lo considera morto e dimenticato. Ma il Padre preferisce che i figli vivano la loro vita, che cerchino ciò che desiderano, senza alcuna costrizione. Come Padre “vuole che i suoi figli siano liberi, liberi di amare”.
Mi piace pensare al Padre come colui che, per tutto il tempo, sia rimasto con le braccia tese, aperte, accoglienti, in attesa di poter abbracciare di nuovo. Infatti non serve punire poiché, come dico spesso a scuola, la punizione l’ha già ricevuta con la paura delle conseguenze. Il Padre “vuole semplicemente far loro [i figli] capire che l’amore che hanno cercato in vie così distorte, è stato, è e sarà sempre lì per loro. Mi piace pensare a Dio un po’ ansioso, preoccupato per noi nonostante la Sua decisione di lasciarci liberi di sbagliare. Ma Lui soffre, e anche molto. Eppure la prima cosa che fa al nostro ritorno è ridarci la dignità di figli, di coloro che sono e saranno sempre amati senza condizioni.
Mani di madre, mani di padre
Passiamo ora alla mia parte preferita. Quando molti anni fa mi fecero riflettere su questo particolare, rimasi scioccato, impressionato dalla profondità del gesto. Osserviamo le mani, sia insieme che singolarmente. Queste non sono uguali, non comunicano la stessa cosa. La mano a sinistra, piccola e delicata, accarezza la schiena del figlio, quasi a coccolarlo e rassicurarlo. Le dita sono vicine e sembra vogliano offrire conforto: è la mano di una madre. La destra, invece, è grande, aperta, poggia sulla spalla con una certa pressione, soprattutto col pollice, quasi a dire “Forza, ora sei a casa”.
Altro dettagli interessante legato alle mani: se osserviamo il quadro verticalmente, alla mano sinistra, quella della madre, corrisponde il piede nudo, quasi a voler dire che lui, il Padre, può essere “madre” nell’accoglierlo nelle sue difficoltà. Alla destra troviamo invece il piede col sandalo, quello che testimonia la dignità di figlio.
Fantastico.
Un paragone impossibile
Torniamo alla relazione fra il Padre e i figli. Per entrambi lui esce di casa, va loro incontro, e li invita a entrare per festeggiare. Nonostante il ritorno del ribelle, non dimentica il maggiore poiché questa gioia non può non far parte anche della sua vita. Come si può essere non contenti di un figlio che “è tornato alla vita”?
Il Padre non dà per scontato il grande, come non vuole più bene al piccolo. Qui entra in gioco la riflessione che, forse, più di tutte mi ha colpito. Il padrone di casa non pone paragoni fra i figli, non li mette a confronto, non cerca di trovare chi è più o meno bravo, come fa il maggiore. “In un mondo che pone continuamente a confronto le persone […] il mondo è dominato dalle classifiche, dai punteggi, dalle statistiche. Da insegnante ho molto a cuore mettere al primo piano la persona piuttosto che il suo “prodotto”, cosa che, purtroppo, non sta facendo la scuola di oggi, troppo concentrata a seguire corsi di valutazione, test, competenze… per poi tralasciare le relazioni, le emozioni, la persona in quanto tale. Possiamo davvero pretendere di racchiudere “un mondo” dentro un semplice voto? Tanta fatica per spiegare questa o quella osservazione sul bambino, i suoi comportamenti, il come interagisce con i compagni… per poi sentirsi dire: “lei ha messo otto in italiano, ma è la media della classe?”. Bah, andiamo avanti, che il discorso prenderebbe troppo tempo qui.
Torniamo al gesto “madre”: nell’abbraccio benedicente possiamo sentirci i figli prediletti, unici ognuno per un motivo diverso agli occhi di Dio. Non possiamo fare paragoni. Siamo tutti unicamente speciali, inconfrontabili, amati.
“Ti interessa essere come il Padre?”
Avviciniamoci alla conclusione di questo lungo percorso. Il titolo di questo paragrafo prende spunto dall’ultima riflessione strettamente sul Padre. Abbiamo parlato molto dei figli, di ciò che fanno, di ciò che pensano o vogliono. Abbiamo riflettuto sul Padre, del suo comportamento e della sua gioia. Ma la vera domanda dovrebbe essere: vogliamo essere come il Padre? Finché rimane una “terza persona” tutto bene… per Dio è facile perdonare ed essere misericordioso. Ma noi? Noi vogliamo essere come lui? O ci basta rimanere figli per sempre?
Come si può facilmente intuire, non è una domanda semplice e necessita di tempo e studio per avere una risposta. Bisogna guardarsi dentro, riconoscere le nostre debolezze e le nostre passioni, bisogna crescere. Possiamo essere “Padri” per altri, per chi abbiamo vicino, infatti Dio agisce anche attraverso di noi, soprattutto attraverso di noi.
Nella nostra vita la chiamata di Dio cambia, muta. Se all’inizio dobbiamo tornare a casa e sentire nell’anima la Misericordia di Dio, a un certo punto l’Onnipotente ci chiede di rimanere a casa, per poter correre dal prossimo figlio perduto. Difficile, certo, ma possibile.
Luce e ombra
Concludo con una riflessione che ho scritto sul libro, proprio nelle ultime pagine de “l’abbraccio benedicente”: più ci si avvicina alla luce, più l’ombra diventa grande, ma quando saremo noi luce, allora le tenebre spariranno completamente.
Vi ringrazio per essere arrivati sin qui. “L’abbraccio benedicente” è stato un bel libro, interessante, profondo, concreto. Ve lo consiglio, leggetelo con calma. Vivete ogni giorno nella consapevolezza che, in modo sempre diverso, possiamo essere il figlio minore, il figlio maggiore… ma anche il Padre stesso.
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A presto.