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L’abbraccio benedicente. Il figlio minore

Per la prima volta mi accingo a commentare un libro “religioso”, un testo che mi ha offerto interessanti punti di riflessione e qualche idea più chiara su un quadro da me sempre amato. Oggi parliamo de “l’abbraccio benedicente” di Nouwen.

Prima Parte

Tema e struttura

Come forse poco intuibile dal titolo, Nouwen riflette su un quadro famosissimo di Rembrandt, il “Ritorno del figliol prodigo”. Affronta così una lunga riflessione personale sulle diverse figure presenti nello stesso: il figlio minore, il maggiore e il Padre.

Dopo una prima introduzione temporale, con cui porta il lettore a comprendere le motivazioni per le quali è arrivato a scrivere le meditazioni, lo schema del testo è piuttosto semplice. Commenti sui figli partendo dal minore, approfondimento della figura del Padre. In ultimo alcune conclusioni personali, indispensabili per tirare qualche somma del percorso fatto.

Come scriverò nuovamente in seguito, ritengo che “l’abbraccio benedicente” non sia un libro per “entry level” come si suol dire anche nei videogiochi, ossia necessiti di alcune basi religiose e spirituali per poterne cogliere appieno sfumature e profondità. Nulla toglie che possa essere letto più volte, a favore di un “ritorno” più consapevole dopo qualche studio autonomo.

Un consiglio. Nonostante sia una delle parabole più famose del Vangelo, vi suggerisco di leggere “il Padre misericordioso” prima di questo articolo, così da poterne godere più profondamente il senso. Potete trovarla Qui.

Cercherò di condividere con voi qualche impressione, appositamente generica, poiché ritengo che lo scopo di questo articolo sia quello di farvi comprare e leggere “l’abbraccio benedicente”, piuttosto che spiegarlo in modo certamente troppo personale e, credo, fuori luogo.

Il figlio minore, la partenza e la realtà

Ogni volta che si ascolta la parabola del “Figliol prodigo”, o più correttamente “Il Padre Misericordioso”, ci si può immedesimare nel figlio minore. Fra tutte le riflessioni possibili, questa è certamente la più immediata, diretta. Chi di noi non si è ritenuto a volte un ribelle in partenza dalla casa di Dio alla ricerca di qualcosa di più eccitante? Ma il figlio minore fa qualcosa che avrebbe scandalizzato qualsiasi presente: chiede la sua parte di eredità. Può non sembrarci strano ma questo significava, e significa ancora oggi, considerare il padre già “morto”. Ciò che avviene dopo è ancora più eclatante: il Padre, piuttosto che insultarlo, gli dà quanto preteso e lo fa partire.

Si potrebbe scrivere un libro solo per queste poche righe di Vangelo. Fantastico.

Così il figlio minore viaggia e sperpera i suoi averi, cercando affetti, dignità, considerazione in luoghi e persone che, però, vogliono per tutto ciò un tornaconto. Il “prodigo” si accorgerà solo alla fine che, sino a quel momento, era stato “qualcuno” unicamente per quanto aveva posseduto, e non per ciò che lui era dentro, nell’anima. Ecco un’altra bella riflessione di Nouwen: “Ci sono infiniti “se” nascosti nell’amore del mondo”. […] è e sarà sempre soggetto a condizioni”. Non poche volte ci accingiamo a cercare l’Amore dove è impossibile trovarlo. O meglio, dove se ne può trovare a un qualche costo. Ma è vero Amore allora?

Da qui la risposta, per noi, può essere una sola: l’Amore vero, senza nulla a pretendere, è solo quello di Dio, del Padre che ci aspetta a casa a braccia aperte. Nell’abbraccio “il momento dell’accoglienza e del perdono nell’immobilità della sua composizione dura all’infinito. Il movimento del Padre e del figlio parla di qualcosa che non passa ma dura per sempre”. Dio non può evitare la partenza coattivamente per non ledere la nostra libertà di figli. Però, rimane sempre a braccia aperte, pronto ad accoglierci in qualsiasi momento, correndo verso di noi e ridonandoci prestigio e un luogo sicuro ove stare.

Il figlio minore, il ritorno e l’abbraccio

Arriviamo quindi al vivo del dipinto. Osserviamo bene alcuni dettagli del figlio minore. La testa è rasata, a significare che un tratto della sua individualità gli è stato privato; solo uno dei piedi ha il sandalo, logoro e distrutto dal cammino, mentre l’altro è nudo, senza più alcuna protezione. Quando il padre lo accoglierà gli farà mettere subito i calzari ai piedi, poiché segno di nobiltà, di appartenenza alla famiglia. Ma ora è quasi scalzo, logoro, povero nel corpo e nell’anima.

abbraccio benedicente

Un passaggio in particolare mi ha fortemente colpito, un dettaglio che non avevo mai notato nel dipinto e che, ora, non posso non osservare. Un po’ come quando realizzi che un quadro appeso a un muro…è storto! Il figlio, nella sua povertà, possiede ancora la spada, l’ultimo segno di dignità rimastogli. Ecco, se avesse perso/venduto anche quello, forse non avrebbe “ritrovato” in se stesso quella condizione di figlio, quella consapevolezza che lo ha fatto tornare a casa.

Altra considerazione: il minore torna a casa e riconosce il Padre come tale, ma è ancora lontano nell’aver fiducia nell’amore del Padre”. Come sentii in un incontro anni fa, il figlio non torna perché capisce di aver sbagliato, bensì perché costretto dalla fame e dal bisogno. Altro che prodigo! Anche questo, però, fa parte di un percorso di crescita personale. Gesù ci chiede nel Vangelo di diventare bambini. Diventare, non essere per sempre. Dobbiamo mutare per diventare noi stessi “Padri” per qualcun’altro, ma con l’innocenza dei bambini, pura e semplice.

Concludiamo qui il primo step

Eccoci al primo step de “L’abbraccio benedicente”. Impressioni brevi ma diretti, spunti di riflessione molto profondi sui quali si può “perdere” qualche minuto della nostra frettolosa vita. Per non creare un articolo troppo lungo, che poi magari non leggerebbe nessuno, ne scrivo due tre più piccoli, probabilmente divisi come il libro.

Vi auguro quindi buona lettura e vi ringrazio del tempo qui dedicato!

Qui potrete trovare l’articolo sul figlio maggiore.

Qui l’articolo sul Padre.

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