Lo Specchietto

Faccio una cosa nuova

Dal libro di Isaia (Isaia 43, 16-25) “Faccio una cosa nuova”

16Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
17che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
18«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!


19Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
20Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
21Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi.


22Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe;
anzi ti sei stancato di me, o Israele.
23Non mi hai portato neppure un agnello per l’olocausto,
non mi hai onorato con i tuoi sacrifici.
Io non ti ho molestato con richieste di offerte,
né ti ho stancato esigendo incenso.
24Non hai acquistato con denaro la cannella per me
né mi hai saziato con il grasso dei tuoi sacrifici.
Ma tu mi hai dato molestia con i peccati,
mi hai stancato con le tue iniquità.

25Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso,
e non ricordo più i tuoi peccati.

La riflessione allo Specchietto

Non sono solito riflettere sui passi dell’Antico Testamento “meno famosi” in ambito catechistico. Alle comunioni trattiamo solitamente la Genesi e l’Esodo, Davide e Giuseppe… insomma, questo passo di Isaia è stata una piccola scoperta alla quale vorrei dare solo un contributo personale. Quindi provo a fare “una cosa nuova”.

Io sono Colui che…

Ovviamente la base da cui partire è una: mentre l’Antico Testamento (A.T.) narra le vicende dell’Allenza fra Dio e il popolo ebraico, nei suoi numerosi alti e bassi, il Nuovo Testamento è quanto di grande ha fatto Gesù nella sua (breve) intensa vita.

Penso sia davvero interessante riflettere sulla relazione fra l’A.T. e Gesù. Cristo, infatti, continuamente cita la Bibbia, sottolineando come “si compiano le scritture”. Questo perché? Per molteplici motivi: evidenziare come lui fosse il Messia mandano da Dio; sottolineare come le azioni da lui compiute risaltino l’A.T. e non lo profanino (come invece affermavano i Farisei); o ancora perché per gli Ebrei il valore della memoria è imprescindibile dalla loro esistenza.

Detto ciò, entriamo nel passo: Israele vive della sua storia, parte integrante del suo essere presente. “Noi siamo il frutto delle nostro passato” potremmo affermare in sintesi parlando degli Ebrei. Ma Dio con le sue parole vuole mettere un freno a questo fatto: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!” Ricorda chi è, come li ha salvati dalla schiavitù d’Egitto donando loro una Terra Promessa, ma con lo scopo di vivere il presente e non per incatenarsi al passato. Forse, fra le tante interpretazioni che possono essere date, Dio sta “richiamando” il popolo eletto a non rischiare di guardarsi sempre indietro col rischio di sbattere la testa su qualcosa che ha davanti. “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!” Il passato deve vivere per costruire il presente, non per limitarlo.

Faccio una cosa nuova… ma non troppo

Arriviamo allora al secondo paragrafo: vorrei sottolineare un piccolo passaggio: “non ve ne accorgete?” Dio dice di fare cose nuove… ma forse vuol dirci di guardare con “nuovi occhi” ciò che lui fa da sempre. L’acqua nel deserto è un nuovo (ossia “l’ennesimo”) gesto di amore per quel popolo che, nella sua condizione umana, si perde nella quotidianità, mettendo al primo posto se stessi piuttosto che Dio.

Dio non vuole, secondo me, glorificazioni pubbliche o chissà quali preghiere, ma forse una giusta considerazione del suo Amore, un riconoscimento da parte dei suoi figli i quali devono capire che la loro vita è indissolubilmente legata a Lui. “Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi“. Non è un gesto di superbia, ma un insegnamento mirato a saper godere e apprezzare le gioie e i doni che Dio ci manda. Il rischio è chiaro: pensare di bastare a se stessi.

una cosa nuova

Un rimprovero d’Amore

Quando serve, le cose vanno dette, e in faccia, aggiungerei. Dio non si fa problemi (beh grazie ^^) a dirci quello che pensa. Ciò non perché può permettersi tutto, ma perché in una relazione sana bisogna essere chiari e onesti, anche col rischio di far soffrire l’altro. Tale sofferenza, però, avrà l’obiettivo di crescere, migliorare, andare avanti insieme. Dio non rimprovera il popolo per bacchettarlo, ma perché sa bene che continuando così ne avrà solo che da soffrire, poiché si allontanerà da quella strada d’Amore che Dio ha già preparato per lui. Un po’ come quando i genitori “richiamano” i figli al classico “devi studiare”. Non un atto autoritario, ma un avviso a ciò che il bambino non può conoscere, non può comprendere perché piccolo, perché non ha ancora vissuto la sua esperienza.

Ecco: Dio sta dicendo al popolo che, allontanandosi dalla relazione con Lui, potrà trovare solo difficoltà, problemi, sofferenza. Non fare “tutte le cose elencate” non è una richiesta esplicita di gesti rituali, ma un sottolineare che percorrendo quella strada (lontana da…) si dimentica l’Amore di Dio, lo si diluisce con le cose terrene, sino a metterlo da parte pensando, come ho già detto, di bastare a se stessi.

Io cancello per Amore

La prima cosa che notai fu: “Amore di Me stesso”. Un atto egoistico? Una superbia di Dio? Difficile se non impossibile associare un vizio capitale a Dio, ma la tentazione è forte. Proviamo a dare un’interpretazione.

Dio, per Amore, cancella tutti i nostri peccati, lo ha sempre fatto e probabilmente sempre lo farà. Troppo è l’amore per noi per smettere di perdonarci. Ma lo fa per se stesso? Perché magari gli uomini sono un “figlio” così malato da essere una vergogna e, quindi, forzatamente giustificabile per Dio? A una premiazione di un concorso letterario ascoltai un racconto meraviglioso, nel quale Dio faceva un monologo in cui ragionava sull’esistenza umana e su quel tentativo fallito di avere dei figlii “rispettosi” del Padre. Non un testo ateo o dissacrante, ma un ragionamento logico che ha fatto piacere alla mente, che si possa essere d’accordo o no.

Torniamo quindi al “Io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso“. Il fatto è chiaro: Dio ci perdona, dimentica le nostre “magagne” e ci dice di andare avanti assieme a lui. Non rimane attaccato al passato, come spesso noi uomini facciamo (e vedi il primo paragrafo di questo passo) ma sa superarli alla luce di un’esperienza diversa, nuova, migliore, per entrambi. Ma quindi, quello “amore di me stesso” cosa vuole significare? Ovviamente non sono un esperto ne tantomeno un amatore di esegesi, ma un libero pensiero, come sempre, voglio scriverlo.

Un soffio d’Amore

una cosa nuova

Secondo me la risposta è in Genesi 2, 7:  “Dio il Signore formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente“. Noi e Dio non siamo due entità separate: noi e Dio siamo legati dallo stesso “soffio vitale”, che in parole diverse può essere chiamato “Amore”. La vita dell’uomo è legato a quel soffio che nella creazione del mondo Dio ci ha donato per infonderci un’anima, dei sentimenti, per amarci e amarlo. Ecco, allora, che quel “amore di me stesso” ai arricchisce di un nuovo significato: noi siamo infusi dell’Amore di Dio e, quindi, se Dio afferma di “amare se stesso” sta, al contempo, affermando di amare noi, sue creature.

Faccio una cosa nuova…

Siamo quindi alla fine del discorso: Dio ricorda al popolo eletto che è importante avere sempre “presente” il passato, ma senza correre il rischio di rimanerci “imprigionati”. Lui è il Dio dell’Amore, quell’Amore che dimentica i peccati, qualsiasi essi siano. È il Dio dell’Amore condiviso, poiché noi siamo parte del suo “essere”, perché frutto della condivisione del Suo Spirito”.

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Vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro buon proseguimento.

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