I contenuti Epistemologici delle Indicazioni Nazionali del 2012
L’idea dell’educazione italiana: i contenuti “Epistemologici”
Eccoci in questo non semplice articolo, poiché parlare dei contenuti epistemologici delle Indicazioni Nazionali è impegnativo, soprattutto perché è difficilissimo trovare qualcosa del genere su internet. Detto ciò, il mio intento è cercare di supportare tutti quei colleghi che stanno studiando per un concorso e, al contempo, cercare di condividere un po’ di “pensiero scolastico” con tutti coloro che, incuriositi, vogliono informarsi e “formarsi” sul tema. Buona lettura!
I punti salienti delle Indicazioni
Episte… cosa? Già epistemologici. Non vi nego che ho cominciato a conoscere questo termine studiando proprio le Indicazioni Nazionali perché, vi assicuro, non è scritto da nessuna parte esplicitamente cosa e quali siano. Detto ciò, cerchiamo di essere schematici e di procedere con ordine senza sproloqui poco utili. I contenuti Epistemologici non sono altro che quegli argomenti che costituiscono le Indicazioni Nazionali stesse, ossia l’identità dietro le tante parole, gli intenti formativi, il “credo” di fondo. Potremmo sintetizzare il tutto con una domanda: Quali sono quelle tematiche centrali alle quali non posso rinunciare per costruire ogni giorno la scuola italiana?
Quindi, passando al concreto, quali sono quei contenuti su cui si basano le nostre Indicazioni? Eccoli.
- Centralità dello studente
- Interdisciplinarietà
- Cittadinanza (attiva)
- Inclusione e individualizzazione/personalizzazione
- Competenze trasversali
- Valutazione (dalla legge 62/2017 “Formativa” e sistematica)
- Pensiero critico
Cercando di spendere la giusta quantità di parole per ogni contenuto, vediamo di ampliare questi concetti di base.
Centralità dello studente
Nella pagina 5 possiamo trovare il paragrafo “Centralità della persona” dal quale possiamo evincere questo contenuto. La scuola di oggi non parte più dall’insegnamento ma dal processo di apprendimento, ossia dagli alunni i quali devono costruire “attivamente” la propria conoscenza grazie all’aiuto del docente. Questo passaggio è molto più grande di quello che non sembri: il focus passa dal docente, prima detentore assoluto della conoscenza trasmessa in modo passivo, allo studente, il quale attivamente viene coinvolto e si coinvolge nel processo di apprendimento. Particolare cura deve poi essere dedicata alla formazione del gruppo classe, quindi un’attenzione del docente nel creare una classe coesa il più possibile. La gestione dei conflitti è fondamentale per poter vivere una quotidianità scolastica serena e proficua.
Interdisciplinarietà
La scuola di oggi non ha più come focus il “contenuto” della singola disciplina, bensì la capacità del bambino di saper collegare e ritrovare i contenuti quando necessario. Detta in altre parole: sapere le città d’Italia ma non saper metterle a confronto in qualche modo è poco proficuo, poiché si imparerebbe a memoria qualcosa che poi non verrebbe utilizzato adeguatamente nella quotidianità. La scuola deve puntare alla qualità dell’insegnamento e non alla sua “linearità”, deve saper saltare, passare da un argomento all’altro, collegare e confrontare. Il processo di apprendimento è unico e la storica divisione delle discipline non riesce a stare “al passo” con la crescita degli studenti.
Cittadinanza (attiva)
Qui possiamo distinguere due macrocategorie: il paragrafo “nuova cittadinanza” e il paragrafo “Scuola, Costituzione, Europa”. Infatti, in entrambi i casi si parla di “cittadinanza”, la quale deve essere attiva grazie al lavoro della scuola nello svilupparla. Naturalmente, il tutto prende spunto dai documenti europei, quali “Competenze Chiave” e “Agenda 2030” solo a titolo esemplificativo. Nel paragrafo “nuova cittadinanza” possiamo evidenziare due elementi: la formazione deve essere verticale, ossia per tutta la vita, e orizzontale, ossia legata all’interdisciplinarietà e a tutti i protagonisti che ruotano attorno al bambino (scuola, famiglia, territorio).
Nel paragrafo “Scuola, Costituzione, Europa” sono portati all’attenzione tutti quei passaggi costituzionali legati agli articoli più vicini all’educazione quali il 30 (collaborazione famiglia), il 33 (libertà insegnamento), il 34 (obbligo scolastico) e il 38 (diritto studio per persone con disabilità). Sempre qui, sono ribaditi i limiti dell’Autonomia Scolastica sottolineando, quindi, l’importanza strutturale delle “Indicazioni Nazionali” come punto di riferimento di ogni Istituto.
Inclusione e Individualizzazione/Personalizzazione
Fra i contenuti epistemologici, questo è certamente uno dei più importanti. Dal 2010 (legge 170/2010 DSA) l’idea dell’Inclusione rispetto a quella dell’integrazione comincia a essere predominante. La differenza è sostanziale anche se la prima è figlia dell’altra. Cerco di spiegare in poche parole. “Integrazione” significa che uno studente viene messo nelle condizioni, grazie a un atto “integrativo”, di svolgere qualcosa nello stesso modo di tutti gli altri bambini.
Inclusione è un passaggio in più: la scuola deve pensare a priori a delle attività che già contemplino azioni “inclusive”, grazie alle quali tutti gli alunni, sia i bambini senza disabilità/disturbi che quelli con, possano svolgere quel determinato compito senza l’ausilio diretto del docente. In altre parole: le attività avranno già in sé delle caratteristiche che permettano a tutti di svolgerle in modo unico per ogni alunno, ognuno con le sue competenze e capacità, non in modo tutti uguale e “standardizzato”. Sarà comunque tema di un articolo a sé, quindi non approfondirò ulteriormente.
Passando ai percorsi di Individualizzazione e Personalizzazione, la distinzione è indicata chiara e tonda nelle linee guida 5669/2011 sui DSA, precisamente a pagina 6: nel primo caso ai bambini si propongono delle attività con metodologie e strategie “individualizzate” al fine di recuperare delle lacune, degli argomenti nei quali non riescono adeguatamente; gli obiettivi didattici, in questo caso, rimangono uguali a quelli di tutti gli altri. Nella Personalizzazione, invece, il passaggio è diverso: gli obiettivi diventano unici, solo per quell’alunno, e non mirano unicamente a un recupero, ma è un percorso che può essere fatto in qualsivoglia situazione, anche in casi di alunni plus-dotati che necessitano, per l’appunto, di percorsi didattici e obiettivi propri, che mirino alla valorizzazione dei propri talenti e capacità.
Competenze trasversali
Legato al concetto di interdisciplinarietà, la scuola deve educare alle Competenze con l’obiettivo ultimo di permettere alle persone di vivere pienamente la propria esistenza con un buon lavoro, una giusta retribuzione e in salute. Le competenze non si possono “insegnare” come le discipline poiché sono il frutto di “conoscenze, abilità e atteggiamenti” come scritto nella normativa europea delle Competenze Chiave. Va da sé che la scuola deve, quindi, lavorare sui processi d’apprendimento, che porteranno allo sviluppo delle capacità di autovalutazione dello studente e, quindi, a una sua autonomia dovuta all’apprendimento di un metodo di studio. Nasce quindi il concetto di “imparare a imparare”, alla capacità di ognuno di saper affrontare (non risolvere!) ogni situazione, anche nuova, con le informazioni e le capacità in possesso, senza bloccarsi o darsi subito per vinto.
Valutazione
In questa sede non tratterò adeguatamente l’argomento valutazione, oltre al fatto che, al momento in cui scrivo, è già certo che cambierà per opera dell’attuale ministro Valditara. Possiamo, però, dire in generale che la valutazione deve precedere, accompagnare e seguire il processo di apprendimento. In altre parole: ha una valenza formativa. Questo significa che non può più essere considerata unicamente come un punto di arrivo, ma deve essere uno strumento che supporti l’apprendimento quotidiano. Come scritto a pagina 13, i docenti devono essere professionisti nella preparazione delle verifiche, nella documentazione e nell’uso degli strumenti valutativi. Ciò significa creare una valutazione chiara, oggettiva il più possibile, trasparente, sia per gli alunni che per le famiglie.
Gli Istituti stessi vengono valutati attraverso un processo triennale con dei criteri scritti dall’INVALSI, fra cui sono presenti il livello di inclusione, l’uso delle nuove tecnologie e la rilevazione degli apprendimenti periodici (le famose prove INVALSI).
Pensiero critico
L’ultimo dei contenuti epistemologici delle Indicazioni Nazionali riguarda lo sviluppo di un “Pensiero Critico” da parte degli alunni, i quali, con esso, sapranno distinguere le situazioni e le informazioni, scegliendo nella maggior parte dei casi la soluzione che ritengono “criticamente” la migliore. La capacità di analisi è ribadita, inoltre, con forza nelle “linee guida delle discipline STEM“, poiché il pensiero critico è una delle competenze indispensabili per il loro sviluppo assieme a “Collaborazione”, “Creatività” e “Comunicazione”. Ovviamente a questo risultato si può arrivare unicamente con un lavoro basato sulle competenze e non sui contenuti meramente disciplinari.
Un percorso in continua evoluzione
Arrivando a conclusione, i contenuti epistemologici delle nostre Indicazioni Nazionali ribadiscono, come ho detto nell’introduzione, ciò che la scuola italiana pensa sia strutturale e fondamentale per i suoi alunni. Ovviamente non si può non pensare alla distanza fra teoria e pratica ma, perlomeno, abbiamo un riferimento normativo che salvaguarda tutto questo, che lo condivide, lo diffonde… nella speranza che un giorno sia per tutti un po’ scontato, ovvio, come oggi non lo è, purtroppo.
Se volete leggere i contenuti generali delle Indicazioni Nazionali del 2012, vi invito a visitare questa pagina nella quale potrete trovare tutte le informazioni di cui avete bisogno.
Questo articolo fa parte della sezione “Legislatura Scolastica“, nella quale potrete trovare molte altre norme e risposte per il vostro studio. Nel caso in cui siate interessati a ricevere una volta ogni tanto la newsletter, basterà lasciare il proprio indirizzo nell’apposito form (nella colonna destra da PC, nella finestra a discesa del menù da mobile).
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